OBLIQ

- arts & words place -

29 febbraio, 2008

teoria della palla gialla



Questa è la palla chiusa.


Questa è la palla gialla, chiusa.

Questa è una teoria di palle gialle chiuse
words, concept: obliq

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27 febbraio, 2008

25 febbraio, 2008

obliq: stimoli architettonici_antonio sant'elia






Antonio Sant'Elia_Architetto Futurista

I disegni di quest'uomo risalgono ai primissimi anni del secolo scorso.
Quando, al liceo, si andava a guardare le ultime pagine del libro di storia dell'arte (quelle che non sarebbero mai state trattate dal programma) si andava a guardare gli schizzi e i progetti di quest'architetto, si cominciava a capire perchè ci si può innamorare dell'architettura e perchè, in buona fede, il dopoguerra italiano abbia lasciato, attraverso le sue amministrazioni progressiste illuminate, agli architetti il dominio sulle città.
Sono state fatte cose interessanti, ma anche scempi; il cui elenco sarebbe inutile e doloroso.
Questi disegni appartengono invece al sogno, e hanno uno spirito letterario che riesce ad evocare realmente futuro e paesaggi alla DICK, alla BRADBURY, non luoghi. Immaginati, quasi fantascienza.
Li consideriamo in questa sede non sotto il profilo tecnico o teorico, ma come esercizio poetico ed estetico, e meritano considerazione.
links:
ad ogni modo, e a proposito di teorie, suggestioni e visioni, vi rimandiamo al manifesto dell'architettura futurista, scritto dal Sant'Elia nel 1914, in cui si apprezza, oltre al caustico spirito dei futuristi, la voglia di rottura rispetto al decorativismo ottocentesco e la spinta verso la tecnica e il continuo rinnovamento stilistico, ciclico, incessante, convulso, moderno, futurista appunto.

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21 febbraio, 2008

Obliq dinner: i don't like SUSHI!!!


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20 febbraio, 2008

Kyoto! Kyoto! Pollution! Pollution!


Protocolli, promesse,
la natura soffoca,
consumiamo, consumiamo.
rimandiamo, aderiamo,
non aderiamo....
pollution! pollution!
crescita, consumo
Kyoto, la plastica
risorse infinite finite
petrolio energia, aria aria aria...
pollution! pollution!
Premetto, prometti
prometto, premetti
il pulsante, un'idea al resto,
alla produzione.
pollution! pollution!
l'informazione,
pornografia e polluzione,
carta straccia e cacciagione,
idee in sommovimento,
rifiuta solido il rifiuto,
ricicla il regalo
ricicla il tormento
il cibo inscatolato
che alito da spavento,
portami sulla schiena
equo e solidale
ti vendo il marchio, col fuoco ti marchio,
sfrutta, sfrutta, deforesta
sfrutta, sfrutta, esagera col cibo
scarta, l'umido dal secco,
o brucia, brucia nell'inceneritore.
pollution! pollution!

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19 febbraio, 2008

Piero Ciampi _ l'assenza è un assedio


Ecco il testo scritto da un UOMO:
L'ASSENZA È UN ASSEDIO (Ciampi - Marchetti)
Una vita a precipizio
l'esistenza senza un senso
e la discesa niente ritorno
poi la salita viene crudele
come un miraggio
mentre il giorno tramontando
lascia un solco...
Le parole giocano strane
e il tramonto guarda in silenzio,
esperienza forse è in mano di altri,
poi la memoria, nascondendo il presente,
diventa ladra...Passeggiate tra milioni di sguardi
tutti folli la domenica stanchi
ed il riposo rimandato a un domani,
nell'estate è bello un bagno
tutti soli...Nella notte la tentazione
di sedersi per non più rialzarsi
ma poi per caso da una sottile fessura
si ripropone con due occhi tristi
un problema eterno.
Amore
amore
va la vita, va, amore
va la vita, va, amore
va così la vita, amore
va, la vita va.
per saperne di piu:

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18 febbraio, 2008

Amen_Baustelle







Il disco è splendido, i testi ottimi, le musiche suggestive, l'uso (pregevole) della melodia mai fine a se stesso.


Lo ascoltavo per la prima volta fra sabato, ieri, oggi...


Obliq è a conoscenza del fatto che le sue diffuse impressioni sull'ascolto di questo disco possono essere ritenute superflue dai più.


Per questo si limiterà al giudizio espresso all'inizio, suggerendone solo l'ascolto, ma con moderazione per non sciuparlo.


Ecco parte del testo, ritornello, di una delle canzoni - al momento - più belle:


"Vede la Fine. In metropolitana. Nella puttana che le si siede a fianco. Nel tizio stanco. Nella sua borsa di Dior. Legge la Fine. Nei saccchi dei cinesi. Nei giorni spesi al centro commerciale. Nel sesso orale. Nel suo non eccitarla più. Vede la Fine in me che vendo dischi in questo modo orrendo. Vede i titoli di coda nella Casa e nella Libertà".

da: "Il liberismo ha i giorni contati" - Amen, 2008

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15 febbraio, 2008

SWITCH OFF



Dicono oggi sia il giorno dello switch off, del risparmio energetico, della lotta allo spreco di eneregia.

si parla del compleanno del protocolllo di kyoto, e si moltiplicano le iniziative.

L'idea è buona e va premiata, anche se è una moda va incoraggiata.

Chi scrive è un grande consumatore di energia e non ha molto da insegnare o dire.

Può al massimo impegnarsi ad aderire.

Solo una domanda, per il gusto del paradosso....Quanta energia viene utilizzata per promuovere l'invito a non sprecare energia?

Words, image: viniz '08

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14 febbraio, 2008

"Un'assassina ogni mattina mi rifà il letto, un'assassina mi prepara la colazione, un'assassina..."

E ora, dopo tante facezie, sembra giusto, opportuno e sacrosanto darci una occasione di riflessione.
Riportiamo, integralmente ( fonte: La Repubblica di oggi) un articolo di Natalia Aspesi sui fatti incresciosi di Napoli.
No, non quelli relativi alla spazzatura, ma quello relativo all'irruzione dei carabinieri, per ordine di un magistrato, in ospedale al capezzale di una donna ancora in stato di anestesia, per interrogarla riguardo un aborto che si presumeva - peraltro sbagliando - praticato illegalmente dai medici del reparto. Il tutto, su probabile segnalazione anonima di un interno alla struttura sanitaria. Ecco il pezzo:

<<Il ritorno del maschio

Non era mai capitato neppure ai tempi tragici della clandestinità, quando i giornali non pubblicavano per pudore la parola infamante, aborto; quando prosperavano cliniche con professoroni che liberavano a caro prezzo dall'incomodo le signore abbienti. Mentre le altre, una moltitudine silenziosa di donne umiliate, precipitava nelle mani di improvvisate mammane (che venivano anche chiamate per non offendere i lettori, fabbricanti di angeli) o si arrangiavano malamente da sole. Di clandestinità, allora, sino all'approvazione della legge 194 nel 1978, spesso le donne morivano o restavano per sempre rovinate. Pare insopportabile, in tempi che dovrebbero essere civili, essere costretti dal
vergognoso episodio al Policlinico di Napoli, a ricordare, riraccontare per l'ennesima volta, storie del passato di solitudini femminili desolate, dato che quella legge vige da 30 anni e ha fatto precipitare il numero di aborti (dal 1982 del 44%). Ai tempi della criminalizzazione, quando per il nostro codice l'aborto era ancora un delitto 'contro l'integrità e la sanità della stirpe', per esempio nel 1968, al 53° congresso di ostetricia a Bologna, si parlò di 3.500.000 aborti procurati l'anno, stabilendo quindi che nel periodo fecondo due donne su tre abortivano. Era probabilmente una esagerazione, tanto che l'Onu parlò per l'Italia di 1.200.000 aborti: nel 2006 sono stati 130.033, un bel salto. La legge puniva da 2 a 5 anni sia la donna che chi l'aiutava ad abortire, se si arrangiava da sola, il delitto pareva meno grave e la pena era più mite, da 1 a 4 anni. In realtà la legge chiudeva tutti e due gli occhi: in dieci anni, dal 1955 al 1965, le statistiche giudiziarie parlano di 150 casi di aborto procurato, mentre quelle mediche ne registrano milioni. Quel dolore solo femminile ce l'hanno ricordato il bel film rumeno 4 mesi tre settimane e 2 giorni di Cristian Mungiu, Palma d'oro a Cannes nel 2007, (che ha scioccato per la ripresa del feto) e ancor prima Mike Leigh in Il segreto di Vera Drake, Leone d'oro alla Mostra di Venezia 2004, e addirittura nel 1988, Claude Chabrol, con Un affare di donne.
Ma ciò che è avvenuto nell'ospedale napoletano, è talmente clamoroso e cinico da rasentare un atto di terrorismo, come terroristica sta diventando la campagna pro-life che potrebbe stravolgere sino alla ferocia l'andamento di quella elettorale. Susanna Tamaro, che lancia in questi giorni il suo nuovo romanzo, Luisito, invitata da Giuliano Ferrara a entrare nella lista dei suoi candidati anti-aborto, ha gentilmente rifiutato, con una lettera pubblicata ieri sul Foglio, dichiarandosi tuttavia con lui 'nella passione con cui tu porti avanti questa tua lotta per la vita'. Probabilmente non sapeva ancora dell'irruzione di ben sette poliziotti nell'ospedale napoletano, con interrogatori alla madre ancora sotto anestesia, ai medici, alla vicina di letto, e al sequestro del 'corpo di reato', il feto. Un evento così punitivo, tenebroso e inutile (l'intervento rispettava la legge) segna l'inizio di una guerra per niente etica e del tutto politica, per assicurare al movimento di Ferrara e quindi alla destra l'appoggio elettorale della potente macchina del clero, una guerra che potrebbe farsi sempre più feroce e vergognosa. E intanto i già pochi medici che non si sono dichiarati obiettori di coscienza, dopo questa offensiva poliziesca, adesso saranno sempre più tentati di farlo; ma non basterà a convincere le donne che hanno deciso di abortire, a cambiare idea, solo che potrebbe succedere che, pur in presenza di una legge che lo consente, non avranno altra scelta che tornare ai tempi della clandestinità, rivolgendosi a medici magari obiettori e molto costosi, come è già capitato, o a Vere Drake si spera più abili del passato, o a trafficanti di Ru486. Le nuove vittime saranno soprattutto le immigrate, abbandonate a se stesse e a una vita precaria che potrebbero non voler imporre a un incolpevole nascituro. E' interessante che i nostri pro-life che odiano la vita e soprattutto il potere delle donne sul loro corpo, un tempo patrimonio maschile di scambio, abbiano scelto come primo campo di battaglia quella parte della legge che sposta al secondo trimestre di gravidanza la liceità dell'aborto terapeutico se il feto risulta malformato al punto da assicurargli, se dovesse nascere, una morte precoce o una vita-non vita, e alla madre, ai genitori, un futuro di inevitabile quotidiana sofferenza. E alla società quell'organizzazione di cure e aiuto che oggi non riesce ad assicurare a tutti i cittadini e non solo a quelli colpiti da handicap. Puntando per ora sull'aborto terapeutico lo ingigantiscono come una specie di genocidio, che non è, arrivando al 2,7% di interventi dopo la 13esima settimana; e cui obbligano a immaginare una parvenza di vita in quel feto malato, con inevitabili dubbi, disagio, sensi di colpa. E' inevitabile che poi si passerà, malgrado le attuali assicurazioni, all'assalto agli articoli di legge che consentono l'aborto nel primo trimestre, in uno scontro assurdo attorno a una legge di cui qualsiasi donna credente e no può non servirsi, non impedendo però alle altre, sempre di meno, di farlo. Ciò che è impressionante in questa offensiva lunatica è che tutti quei raduni di alte gerarchie in veste nera e zucchetto cremisi, tutte le perorazioni di agguerriti e spesso mendaci predicatori cosiddetti laici, avvengono tra maschi. A parte qualche sporadica donna (Binetti, Scaraffia, Tamaro, e altre) è soprattutto maschile la piccola folla che vuole decidere su qualcosa che riguarda solo il corpo della donna, il suo cuore, il suo futuro, il suo legame col figlio. Una sofferenza, un senso di impotenza, una paura che gli uomini non conosceranno mai, per cui alla loro spietata etica in difesa astratta di una generica vita, dovrebbe sovrapporsi il rispetto per chi sceglie di non diventare madre, di non volere mettere al mondo un figlio non desiderato o casuale cui non potrà assicurare il necessario amore. Questi paladini di qualcosa che chiamano vita soprattutto pensando di dare lustro politico alla loro, sanno poco dei tempi, sino a qualche decennio fa, in cui gli uomini erano bravissimi a far di tutto per portare a letto una ragazza, a lasciarla disgustati perché un gentiluomo sposa solo una vergine e, nel caso la sedotta pasticciona rimanesse incinta, a lavarsene le mani, nell'approvazione generale: 'Non sono stato io!' era il nobile grido. Mi assicurano che anche oggi, le sventate che non si preoccupano da sole di difesa contraccettiva, se lo sentono dire da quelli che si chiamano sportivamente partners, cui non passa per la testa che anche loro hanno delle responsabilità. Prima del liberatorio '68, c'erano ancora genitori che cacciavano di casa le ragazze madri il cui figlio senza padre diventava il bastardo. Adesso la modernità suggerisce altro: e per esempio in Desperate Housewives la perfetta Bea per non fare brutta figura coi vicini, nasconde la figlia nubile incinta e fa finta di essere lei la madre attempata del bambino che nasce. Ma in passato, importava a qualcuno il destino di una madre e di un figlio colpevoli di non avere un pater familias? Importa oggi a qualcuno che si inginocchia davanti a una non meglio specificata vita (pur che sia in forma di embrione o feto, perché le migliaia di donne, vecchi e bambini che muoiono orrendamente in Darfur non suscitano il minimo interesse)?. In tutto questo sterile vociare, con eventi vergognosi come quello di Napoli, manca una voce, non quella dei politici o dei teologi o dei medici che infatti dicono la loro, manca quella degli eventuali padri. Le donne alla fine, sono sempre sole, ogni responsabilità di vita è troppo spesso solo loro. Non basta offrire elemosine, come se avere o non avere un figlio fosse solo una questione di soldi. Non basta chiamarle assassine come ha fatto ridicolmente e colpevolmente Ferrara: si tratta di un termine storico, anzi antico. Un indimenticabile vecchio articolo di Guido Ceronetti, lo scrittore che sosteneva la necessità della legge che liberasse le donne dal marchio di criminali (contro la stirpe poi) cominciava più o meno: "Un'assassina ogni mattina mi rifà il letto, un'assassina mi prepara la colazione, un'assassina...". (14 febbraio 2008)>>
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altri articoli correlati della stessa autrice:
per il testo della legge 194/78:



chewing gum addicted

Alla ricerca di nuove dipendenze, alla ricerca di clandestine trasgressioni, alla ricerca di proibizioni.

Fa male, non fa male, s'attacca, non s'attacca, inquina.

E' una forma d'arte, la bolla un calembour.

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